Come noto, il diritto del lavoratore ad usufruire di un periodo di riposo retribuito e determinato temporalmente dalla contrattazione collettiva di riferimento, è diritto pacificamente riconosciuto ed anzi sancito anche nella nostra costituzione al suo art. 36.
La consacrazione del suddetto diritto rappresenta la traduzione concreta della necessità di tutelare la salute del dipendente, anche rispetto a questo specifico profilo.
È il datore di lavoro, secondo quanto previsto dall’art. 2109 c.c., a stabilire le modalità di godimento delle ferie, in base alle esigenze organizzative dell’azienda e agli interessi del lavoratore, comunicando in via preventiva al dipendente il periodo stabilito per il godimento delle ferie.
La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sul tema, dando risposta ad un interrogativo che spesso si presenta nella gestione del rapporto di lavoro: è comunque necessaria l’autorizzazione del datore di lavoro rispetto alla richiesta di ferie del dipendente anche quando il CCNL di riferimento prevede il diritto del lavoratore a fruire di ferie o aspettativa al ricorrere di certe circostanze?
Ebbene, secondo i Giudici di legittimità, l’autorizzazione è necessaria anche nelle suddette ipotesi dal momento che non sussiste un obbligo in capo al datore di lavoro di concedere automaticamente le ferie richieste.
Nella vicenda concreta oggetto di esame, la dipendente, che aveva promosso il ricorso, era stata licenziata per giustificato motivo soggettivo (secondo quanto previsto dal CCNL Mobilità Area Contrattuale Attività Ferroviarie, di riferimento nel caso) per assenza ingiustificata protrattasi di durata superiore a 20 giorni.
Attraverso l’impugnazione del licenziamento intimato, la lavoratrice aveva richiesto che fosse dichiarata l’illegittimità del licenziamento dal momento che la Società aveva ignorato l’obbligo su questa gravante di concedere le ferie o l’aspettativa non retribuita vista la particolare situazione di salute della lavoratrice medesima (affetta da una sindrome depressiva con difficoltà di relazione incidenti).
La domanda giudiziale della lavoratrice veniva respinta in tutte le sedi precedenti e giungeva così davanti alla Corte di Cassazione che, tuttavia, ha confermato la correttezza delle pronunce emesse sino a quel momento.
È stato infatti ribadito che fosse stato correttamente interpretato l’articolo 31 del CCNL Mobilità, laddove sono stati qualificati come necessari, per la concessione delle ferie o dell’aspettativa, sia la domanda in forma scritta del lavoratore che il provvedimento di concessione del datore di lavoro.
È stato infatti chiarito e precisato che una lettura di questo tipo delle previsioni della contrattazione collettiva, deve essere ritenuta conforme all’applicazione pratica e concreta del principio di libertà di iniziativa economica previsto dall’art. 41 della Costituzione.
La norma infatti riconosce all’imprenditore il potere direttivo e gerarchico rispetto alla organizzazione dell’impresa e gli attribuisce anche un potere di controllo sulla valutazione delle richieste del caso (ad esempio, perché le ferie non state maturate per mancanza dei presupposti previsti o per altre ragioni ricollegabili alla situazione del dipendente), senza che sia possibile affermare la sussistenza di un obbligo automatico nella concessione delle stesse.
Questo quanto chiarito e ribadito dalla Corte di Cassazione che ha dunque concluso, dichiarando la legittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice.
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