Quando parliamo di budget relativo al costo del personale, i numerosi contratti collettivi, la scarsa flessibilità, le singolarità che ogni impresa porta con sé sono soltanto un lato della medaglia. Se ci aggiungiamo anche le problematiche relative al cuneo fiscale e l’ammontare della retribuzione lorda per ogni dipendente ci rendiamo facilmente conto che stabilire la spesa per le risorse umane e gestire il costo del lavoro per un imprenditore italiano, oggi, è davvero un percorso ricco di ostacoli.
Questa voce del bilancio aziendale, nonostante la complessità di cui si veste, è un aspetto fondamentale per l’impresa. Non si tratta esclusivamente di un modo per monitorare il costo del lavoro, ma anche un utile strumento di controllo di gestione in grado di realizzare un consuntivo della situazione aziendale e di creare delle previsioni per le spese future.
Al fine di prepare il terreno per la stesura di un corretto budget aziendale, esistono alcuni step imprescindibili da seguire:
Analizzare la natura dell’impresa e i relativi servizi/prodotti offerti. Questo passaggio è fondamentale poiché a seconda del business a cui si fa riferimento l’incidenza sui bilanci varierà.
Calcolare le ore di lavoro necessarie per svolgere tutte le attività previste.
Convertire le ore in posti di lavoro.
Definire il contratto collettivo entro cui inquadrare i dipendenti, così da ricavare sia la retribuzione diretta che indiretta (ore effettivamente lavorate ed ore coperte dal monte ferie, malattia, maternità, assemblee sindacali) ed allo stesso modo la contribuzione previdenziale e assistenziale.
Studiare l’ambiente circostante: i trend, l’area geografica di riferimento, le testimonianze di head hunter e network di conoscenze.
Ai fini del budget, vanno conteggiati anche tutti i costi riconducibili a:
Welfare.
Gestione e amministrazione del personale.
Formazione.
Ricerca e selezione.
Salute e sicurezza sul lavoro.
Come riferimento, si può sostenere che in media il costo del personale si aggiri intorno al 20% del fatturato ma ovviamente si tratta di un valore indicativo, poiché variabile in funzione delle caratteristiche del business in esame, come il livello di digitalizzazione rispetto alla presenza di manodopera, il grado di professionalità o la “rarità” di una data figura.
Tra le opzioni varabili, la meno auspicabile è quella che opta per il taglio degli stipendi, una scelta per niente competitiva ed eticamente non raccomandata, per non parlare dell’impossibilità di scendere al di sotto di determinati valori soglia, dettati per l’appunto dal CCNL.
La scelta migliore si nasconde dietro la motivazione del personale. Come farlo? Si può pensare a meccanismi di retribuzione incentivante, come premi di risultato o accordi di secondo livello che garantiscono maggior flessibilità per quanto riguarda i contratti a termine. Si può virare anche verso iniziative legate al welfare: compensation e benefit al dipendente che non rappresentano un aumento di costi per l’azienda, la quale può godere di regimi fiscali e contributivi agevolati.
Come appena citato le opzioni applicabili esistono e sono valide. Tra queste ritroviamo:
Welfare. Consiste in una retribuzione alternativa complementare che va ad aggiungersi al compenso in denaro. In pratica, l’azienda compra un serie di prodotti e servizi che, il dipendente, comprerebbe con il suo stipendio, e li eroga direttamente ai lavoratori. Quest’ultimi possono essere divisi in due categorie:
Assunzioni giovani.
Assunzioni donne.
Formazione agevolata. Questa opzione rappresenta un investimento per l’azienda che potrà posizionarsi in maniera competitiva all’interno del mercato, grazie alla presenza di personale altamente specializzato.
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