Come ormai noto, il Decreto legge 127/2021, convertito in legge in data 19.11.2021, ha introdotto l'obbligo di green pass per tutti i lavoratori, pubblici e privati, a far data dal 15 ottobre 2021.
La cosiddetta certificazione verde viene rilasciata in esito a:
vaccinazione
guarigione da Covid o
tampone negativo
A decorrere dal 15 febbraio 2022 sarà poi introdotto l’obbligo di possedere il cosiddetto Supergreen pass (ossia il green pass rafforzato per vaccinazione o guarigione da COVID), per i lavoratori over 50, in tutti i settori produttivi.
Considerato il sempre maggior ricorso alla modalità di lavoro da remoto (smart working), consentito ancora in forma semplificata fino al 31.03.2022, la prassi e la dottrina si sono interrogate sulla sussistenza di tale obbligo in capo ai lavoratori da remoto e sul conseguente eventuale diritto del dipendente al lavoro da remoto in tali casi.
E dunque: lo smart worker deve possedere ed esibire il green pass?
La lettura delle norme che hanno introdotto questa prescrizione, porta a dare risposta negativa alla predetta domanda, per diversi ordini di ragioni.
In primo luogo, deve essere rammentato che le previsioni di legge (appunto il D.L. n. 17/2021) che hanno introdotto l’obbligo del green pass in azienda per tutti i lavoratori con decorrenza dal 15 ottobre, richiamano letteralmente ”l’accesso ai luoghi di lavoro”, intendendo il luogo “fisico” nel quale viene resa la prestazione lavorativa.
In secondo luogo, la ratio che ispira le previsioni di legge legate all’introduzione dell’obbligo di possedere la certificazione verde, è quella di prevenzione e contenimento della diffusione del virus COVID. Chiaramente queste ragioni di tutela vengono meno nell’ipotesi in cui il dipendente non accede al luogo di lavoro;
A ciò si aggiunga che, a determinate condizioni, è ritenuto possibile lo svolgimento del lavoro da remoto anche per i soggetti che siano positivi al COVID o che si trovino in quarantena (secondo quanto previsto dall’art. 26 del D.L. 18/20. Ne deriva pertanto che il lavoro agile o il telelavoro non creano un rischio effettivo di contagio da dover prevenire e limitare.
Ulteriore e definitiva considerazione è quella di ordine pratico ed operativo, legata alla impossibilità di procedere alla verifica e al controllo del possesso del Green Pass da remoto. Ed infatti l’unico modo legittimo per verificare il Green Pass è quello rappresentato dall’utilizzo diretto dell’app Verifica C19, che non conserva alcuno dei dati oggetto di verifica. Dovrebbe essere infatti qualificato come illegittimo l’invio via mail del certificato verde o una sua scansione, anche mediata attraverso strumenti di videoconferenza, dal momento che naturalmente si tratta di esibizione di dati sanitari, protetti dalla speciale tutela privacy, rispetto alla quale è più volte intervenuto anche il Garante. La verifica del Green Pass dei lavoratori in smart-working non solo quindi non è richiesta, ma non sarebbe nemmeno possibile senza violare la privacy dei lavoratori.
Fermo tutto quanto detto sino ad ora, altro interrogativo rilevante sul tavolo e legato al tema in oggetto è il seguente:
Il lavoratore senza green pass può invocare un diritto al lavoro da remoto?
Sono state infatti espresse perplessità e preoccupazioni legate al fatto che il mancato obbligo di esibire la certificazione verde per i lavoratori da remoto si traduca dunque in una sostanziale elusione anche dell’obbligo di possedere la certificazione medesima, con la conseguenza di un possibile ricorso massiccio a questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, al solo scopo di aggirare le previsioni di legge.
I timori, pur comprensibili, vista la particolarità del periodo attuale non devono però ritenersi fondati.
Innanzitutto occorre rammentare che non esiste un diritto allo smart working per il lavoratore, sia in generale che con particolare riferimento al mancato possesso del green pass. La modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, salve ipotesi eccezionali ed emergenziali, viene definita dal Datore di Lavoro sulla base delle esigenze organizzative dell’Azienda, nel rispetto delle previsioni della contrattazione collettiva di riferimento, e non può dunque essere pretesa unilateralmente dal prestatore di lavoro.
Anche la possibilità di lavorare da remoto – appunto possibilità e non diritto - deve in ogni caso essere oggetto di apposito accordo tra le parti del rapporto di lavoro.
A ciò si aggiunga che, nel momento in cui il datore di lavoro è disponibile ad individuare una modalità di impiego del lavoratore da remoto, questa soluzione è in ogni caso idonea ad eliminare il rischio della diffusione del contagio sul luogo di lavoro anche in assenza del Green Pass, comunque realizzando le finalità di prevenzione e di tutela della normativa.
Si ritiene pertanto che debba escludersi la sussistenza di un diritto allo smart working in assenza di certificazione verde.
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